I militari italiani internati in Germania
Tratto da Avvenire - Bologna 7 di domenica 25 gennaio 2009
Associazione culturale Il Mascellaro ha appena ultimato la pubblicazione del volume di Alessandro Ferioli, «I militari italiani internati nei campi di prigionia del terzo Reich. 1943-1945» (pp. 308 - euro 15,00 - http://www.mascellaro.info) dedicato all’approfondimento di questioni relative alla prigionia in Germania dei circa 650.000 militari italiani catturati all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
L’autore non ha inteso proporre l’ennesima «storia» degli internati militari italiani, ma ha voluto raccogliere in questo volume alcuni suoi contributi storiografici sul tema, per l’occasione rivisti e ampliati, con l’intento di fornire qualche spunto per l’approfondimento di una pagina di storia tra le meno conosciute e, al tempo stesso, tra le più fraintese.
I saggi qui raccolti riguardano in particolare la memoria dell’internamento; l’attività resistenziale di Giovannino Guareschi nei campi di prigionia per ufficiali; l’esperienza di un periodico realizzato dagli internati del campo di Osnabrück prima del rimpatrio; una rivisitazione umoristica della Divina commedia; le vicende degli internati che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana; la didattica scolastica dell’internamento.
Chiude il volume un’ampia bibliografia ragionata. «Un ampio capitolo del libro» spiega Ferioli è dedicato a Guareschi, di cui ricorre il centenario della nascita. Per lui l’internamento rappresentò un momento capitale della propria esistenza e il punto di svolta nell’attività artistico-letteraria. Fu il lager a fargli prendere coscienza, come mai sino ad allora, che l’uomo, a dispetto dei reticolati, è fatto per l’infinito e che compito dell’uomo è dare un senso cristiano alla propria vita attraverso la religione e l’azione concreta. In prigionia Guareschi imparò che il cristiano deve non solo assumersi responsabilità precise ma anche ricercarle attivamente: perciò la sua azione nei lager fu sempre di cercare di riannodare quell’invisibile filo che lega tra loro gli uomini per farli sentire, attraverso la solidarietà, come parte necessaria di un solido complesso. Quella tremenda prova del lager, che egli dovette affrontare, divenne in questo senso metafora di una vita riempita di senso, capace di sopravvivere all’avvilimento del corpo e all’annullamento del tempo».
«Dai saggi riprodotti scaturisce» secondo l’autore «una visione diversa della resistenza dei militari internati: una resistenza fondata anche sui valori della cultura e spesso sostenuta dalla capacità di guardare oltre la morte alla ricerca di una prospettiva di vita eterna».
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