Rassegna bibliografica sulla prigionia dei militari italiani in Russia
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Versione adatta alla stampa
di Alessandro Ferioli*
Due furono gli aspetti peculiari della prigionia nei campi sovietici. In primo luogo la propaganda metodica e martellante alla quale i prigionieri venivano quotidianamente sottoposti, e che era ben lontana dalle ordinarie azioni psicologiche che le autorità di tutti gli stati - anche i più democratici - mettono in atto per convincere i prigionieri di guerra della bontà della propria causa. Tale propaganda non si rivolgeva, infatti, soltanto contro il regime fascista e la persona di Mussolini, ma contro l'intero «sistema occidentale», contro la borghesia, contro le democrazie europee e contro la religione, al fine di convincere i prigionieri che soltanto il comunismo, una volta che fosse stato esportato dalla Russia nel resto d'Europa, avrebbe potuto garantire a tutti la libertà e l'uguaglianza. Ai prigionieri pertanto si richiedeva di firmare appelli o messaggi agli italiani, specialmente contro la monarchia e il Re - che pure rappresentava la continuità dello Stato, e al quale i militari erano vincolati dal giuramento prestato - e per la cessione di Trieste alla Jugoslavia, in una prospettiva quindi di mutilazione territoriale dell'Italia a vantaggio di un altro Stato sovrano.
Soprattutto nei campi per ufficiali esistevano biblioteche ricche di testi del comunismo, per facilitare un primo approccio con l'ideologia. Alla lettura, facoltativa, si aggiungevano le periodiche conferenze (obbligatorie per tutti) tenute da «esperti» nelle diverse discipline, il cui unico scopo era in effetti di esaltare i progressi dell'Unione Sovietica sotto il regime comunista. I controlli capillari sulle opinioni e sulle vicende personali dei prigionieri consentivano di individuare con sicurezza il loro orientamento politico e il loro grado di «docilità»: le informazioni venivano raccolte attraverso delatori selezionati fra i prigionieri stessi (i quali potevano ottenere facilmente le confidenze dei colleghi e captare commenti durante la lettura collettiva del periodico propagandistico L'Alba ), ma anche dall'esame delle cartoline scritte alle famiglie (quasi mai uscite dai campi) o giunte da casa (quasi mai distribuite), nonché mediante gli interrogatori notturni operati dagli ufficiali della polizia politica (NKVD) con l'assistenza di commissari politici italiani.
Questi ultimi costituiscono la seconda delle particolarità della prigionia in Russia, poiché essi svolsero funzioni riconosciute nei campi, che furono percepite di volta in volta dai militari - a seconda dei luoghi e delle persone, la cui diversità di giudizio ci dovrebbe consigliare di evitare generalizzazioni - come quelle di interpreti, organizzatori di attività culturali e ricreative, propagandisti, informatori e perfino persecutori attivi.
In prossimità delle consultazioni del 18 aprile 1948, un gruppo di reduci pubblicò un libello polemico dal titolo Russia , Numero unico a cura dell'UNIRR, Roma, Tipografia La Colonna, aprile 1948, per svelare all'opinione pubblica il trattamento inumano subito nei lager sovietici e il comportamento dei commissari politici italiani, definiti come aguzzini. La particolare delicatezza dell'appuntamento elettorale, ormai inserito a pieno nella «guerra fredda», fece sì che i partiti avversi al PCI, che sino a quel momento francamente ben poco interesse avevano dimostrato verso i reduci dalla Russia, garantissero agli autori un'enorme risonanza mediatica. Uno degli esponenti comunisti chiamati in causa, il senatore Edoardo d'Onofrio, querelò per diffamazione i firmatari del pamphlet . Il processo, cominciato il 21 febbraio 1949, salì alla ribalta delle cronache soprattutto fra il 16 maggio e il 22 giugno (periodo in cui avvennero le deposizioni dei vari testi) e nel corso del mese di luglio (occupato dai dibattimenti e dalle arringhe sino al giorno 22 in cui fu emessa la sentenza), e si concluse con l'assoluzione degli imputati perché il fatto non costituisce reato, «essendo provata la verità dei fatti stessi». Attraverso le testimonianze a discarico degli imputati, fu così riconosciuta la sostanziale veridicità di quanto narrato dai reduci, e fu stabilita una verità processuale che a mio avviso, una volta depurata delle strumentalizzazioni politiche dell'epoca, non dovrebbe più essere elusa in sede di riflessione storiografica.
Le arringhe dei legali di D'Onofrio furono pubblicate nel volume di Giuseppe Sotgiu e Mario Paone, La tragedia dell'Armir nelle arringhe di Sotgiu e Paone al processo D'Onofrio , pref. di Mario Ferrara, Milano, Milano Sera, 1950, dove sono contenuti i documenti dell'inchiesta e il resoconto stenografico del processo. Le argomentazioni della difesa dei reduci si trovano invece nel volume dell'avvocato Giorgio Mastino Del Rio, In difesa dei reduci di Russia , Roma, s.e., 1949; altre rievocazioni nel libro dello stesso, I miei processi celebri , Bologna, Cappelli, 1964. Per uno studio sul processo è fondamentale anche la consultazione della stampa (fortemente schierata, soprattutto quella quotidiana) dei giorni sopraddetti. La raccolta di interventi parlamentari di Edoardo d'Onofrio e Mario Palermo, Vogliamo un'inchiesta sul disastro dell'Armir: discorsi pronunciati al Senato della Repubblica il 5 e il 6 luglio 1948 , Roma, CDS, s.d. (ma 1948), documenta la linea politica del PCI, che sollecitava il governo italiano a prendere una posizione univoca sulla campagna di Russia, per attribuire la responsabilità morale e politica della disfatta e di tutti i decessi al regime fascista e agli alti gradi dell Forze Armate. Il libro di Benigno Benassi, Il processo D'Onofrio e la verità , Bologna, Abes, 1949, contiene una sintesi «giornalistica» degli atti, e ancora rientra nella pubblicistica anticomunista dell'epoca. Una ricostruzione puntuale viene oggi finalmente proposta nel recente saggio di Alessandro Frigerio, Reduci alla sbarra: 1949: Il processo D'Onofrio e il ruolo del PCI nei lager sovietici , Milano, Mursia, 2006. Per una seria contestualizzazione storiografica sul PCI di quegli anni soccorrono i seguenti saggi: Renzo Martinelli, Storia del Partito comunista italiano: il "Partito nuovo"dalla Liberazione al 18 aprile , Einaudi, Torino 1995; Giovanni Gozzini e Renzo Martinelli, Storia del Partito comunista italiano: dall'attentato a Togliatti all'VIII congresso , Torino, Einaudi, 1998.
In un contesto fortemente segnato dalle schermaglie politiche, dall'odio di parte e dal generale disconoscimento del sacrificio dei prigionieri in URSS, appare ovvio che anche le prime monografie in materia presentassero carattere marcatamente polemico verso il PCI, poiché se la disastrosa campagna militare in Russia aveva contribuito a determinare il crollo del «mondo artificiale» costruito dalla retorica fascista, la prigionia aveva fatto vivere i soldati italiani a contatto con la popolazione sovietica in un'esperienza drammatica che consentiva, al rimpatrio, di sbugiardare chiunque tentasse di magnificare il tenore di vita, la libertà e le conquiste conseguite dal comunismo. Tra le produzioni più polemiche ricordo: capitano Arduini, La verità sui prigionieri italiani in Russia: documentazioni sulla campagna di Russia , Roma, La stampa moderna, 1947; Arnaldo Cappellini, Inchiesta sui dispersi in Russia , Milano, ITE, 1949; Ezio Saini, Sono vivi in Russia , Roma, Ariete, 1951. Chi intenda ricostruire il contesto politico-culturale in cui la polemica si svolse, specialmente per quanto riguarda le elezioni del '48, dovrà tenere presente inoltre i numeri di Candido , che si occupò molto di queste vicende, e i manifesti elettorali realizzati da Giovannino Guareschi, ricorrendo all'Archivio del Club dei Ventitrè (Roncole Verdi, Parma).
Le circostanze del ritorno, anche sotto l'aspetto dei rapporti diplomatici internazionali, sono analizzate nel saggio di Roberto Morozzo della Rocca, «La vicenda dei prigionieri in Russia nella politica italiana 1944-1948», in: Storia e politica , 1983, n. 3, e, dello stesso, La politica estera italiana e l'Unione Sovietica 1944-1948 , Roma, La goliardica, 1985. Va ricordato anche il rapporto dell'Ufficio del Delegato italiano presso la Commissione speciale dell'ONU per i prigionieri di guerra, Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi in Russia , Milano, Tip. Sella, 1958.
Tra i primi tentativi di produrre opere generali e sistematiche sui prigionieri italiani (con ampio spazio dedicato alla Russia) va annoverato quello di Luigi Pignatelli, Il secondo Regno: i prigionieri italiani nell'ultimo conflitto , Milano, Longanesi, 1969, importante a mio avviso anche metodologicamente, per il fatto di basarsi su tre tipi diversi di fonti: bollettini, relazioni e documenti d'archivio dei ministeri della Guerra e degli Affari Esteri; letteratura memorialistica; testimonianze rilasciate all'autore in forma scritta o di colloquio-intervista. Purtroppo alcune parti del volume furono ordinate dopo la morte dell'Autore, e ciò contribuì a limitarne l'efficacia metodologica e, di conseguenza, il «successo» fra gli studiosi.
Assai importante è anche il saggio di CarmineLops:Il retaggio dei reduci italiani , Roma, ANRP, 1971: una storia (per quanto un po' dispersiva) della prigionia dei militari italiani su tutti i fronti, contenente documenti e carteggi diplomatici Italia-Urss, documentazione su caduti, dispersi e rimpatriati, una panoramica dei campi e un elenco dei cappellani militari. Da ricordare anche il microsaggio di Giuliano Manacorda, «La guerra e la prigionia di Russia nelle testimonianze dei combattenti italiani», Il Mamiani: Annali del Liceo-Ginnasio Statale T. Mamiani , 1966, s.n.
Tra gli studi più seri vanno annoverati i seguenti: Valdo Zilli, «Fascisti e antifascisti in Russia: il trattamento politico dei prigionieri di guerra nell'URSS», in: Il Ponte , 1950, n. 11, e, dello stesso, «Gli italiani prigionieri di guerra in URSS: vicende, esperienze, testimonianze», in: Rivista di storia contemporanea , 1981, n. 3; Aldo Valori, La campagna di Russia: Csir-Armir: 1941-1943 , Roma, Grafica Nazionale Editrice, 2 vol., 1950-1951; Francesco Valori, Gli italiani in Russia , Milano, Bietti, 1967; Antonio Ricchezza, Italiani dispersi in Russia , Milano, Longanesi, 1972; Emilio Vio, «Odissea nella steppa», in: Storia Illustrata , 1987, n. 353; Arrigo Petacco, L'armata scomparsa: l'avventura degli italiani in Russia , Milano, CDE, 1999.
Tra i convegni va ricordato preliminarmente quello di Cuneo del 1979, i cui atti sono in: Gli italiani sul fronte russo (atti del convegno di Cuneo, 19-20-21 ottobre 1979), a cura dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia, Bari, De Donato, 1982. Fra i primi incontri di studiosi sulla prigionia, con un'ampia parte dedicata a quella in Russia, annoveriamo il convegno di Mantova del 1984, i cui atti furono pubblicati in I prigionieri militari italiani durante la seconda guerra mondiale: aspetti e problemi storici (atti del convegno di Mantova, 4-5 ottobre 1984), a cura di Roman H. Rainero, Milano, Marzorati, 1985. Ancora nel convegno torinese del 1987 su prigionieri, internati e deportati italiani, promosso per fare il punto sulle ricerche compiute e in corso negli archivi nazionali ed esteri, e i cui risultati confluirono in Una storia di tutti (atti del convegno a Torino, 2-3-4 novembre 1987), a cura dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, Milano, Angeli, 1989, nessuna relazione fu dedicata agli archivi russi, dai quali a giudizio dei curatori nulla ci si sarebbe potuto attendere a causa del disordine dell'amministrazione sovietica (ma di qualche utilità risulta l'intervento di Pierluigi Bertinaria, «Le fonti dell'ufficio storico dello SME sui prigionieri italiani di guerra nella 2a guerra mondiale»). Ricordo inoltre il seminario di studi organizzato a Firenze nei giorni 3-4 novembre 1994 dal Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, che produsse il volume Le diverse prigionie dei militari italiani nella seconda guerra mondiale , a cura di Luigi Tomassini, Firenze, Regione Toscana, 1995, di cui segnalo specialmente il contributo di Marina Rossi: «Primi documenti di propaganda sovietica verso i militari italiani». Un primo tentativo di analisi delle tecniche di «lavaggio del cervello» usate dai sovietici, e volte a mutare le convinzioni in maniera durevole, si deve al contributo di Gabriele Alfieri, «Aspetti sociologici della comunità dei prigionieri di guerra nei campi di concentramento dell'Urss, con particolare riguardo ai primi mesi di prigionia», in: Atti del XIV Congresso internazionale di Sociologia (vol. II), Roma, Società Italiana di Sociologia, 1950.
Di notevole interesse la raccolta di studi Dopo il lager: la memoria della prigionia e dell'internamento nei reduci e negli «altri» , a cura di Claudio Sommaruga, Napoli, GUISCo, 1995 (riveduta e pubblicata col titolo Il dovere della memoria , a cura di Claudio Sommaruga e Olindo Orlandi, Roma, Edizioni ANRP, 2003), che contiene tra l'altro il saggio di Carlo Vicentini, «Vicende dei prigionieri di guerra italiani nei lager russi durante il conflitto 1939-45». Di una certa importanza, per lo sforzo di sistematizzazione d'insieme delle diverse prigionie, risulta il contributo portato al convegno della ANRP a Caserta da Umberto Cappuzzo, «Le condizioni dei prigionieri di guerra nei vari fronti», in: I prigionieri e gli internati militari italiani nella seconda guerra mondiale (atti del convegno di Caserta, 31 marzo-1 aprile 1995), a cura di Renato Sicurezza, Roma, ANRP, 1995. Da segnalare ancora il volume di Massimo Sani, Prigionieri: i soldati italiani nei campi di concentramento 1940-1947 , Torino, ERI-Rai, 1987, frutto di una trasmissione televisiva andata in onda nello stesso anno su Rai Uno, contenente tra l'altro le interviste a cinque reduci, fra i quali don Enelio Franzoni; l'introduzione del curatore è costituita dal medesimo testo che lo stesso Sani presentò successivamente al convegno di Cesena del 1995 dedicato al «ritorno» dalla prigionia, i cui atti sono riportati in Il ritorno dai lager (atti del convegno di Cesena, 20-21 ottobre 1995), a cura di Pietro Vaenti, Cesena, Il Ponte Vecchio, 1996. Altre notizie in un convegno del 1999: Internati, prigionieri, reduci: la deportazione militare italiana durante la seconda guerra mondiale (atti del convegno di Bergamo, 16-17 ottobre 1999), a cura di Angelo Bendotti e Eugenia Valtulina, Bergamo, Istituto bergamasco per la storia della resistenza e dell'età contemporanea, 1999.
In tempi più recenti alcuni studiosi si sono dedicati molto proficuamente all'analisi dei documenti russi, attraverso difficoltose ricerche nell'Archivio di stato a Mosca, nel contesto di studi più generali sui rapporti fra il PCI e Mosca e sull'attività dei fuoriusciti. In ordine ai prigionieri italiani dette ricerche non hanno fatto altro che confermare, dall'interno del sistema burocratico sovietico, quanto i reduci vanno raccontando sin dal dopoguerra. Di questo filone ricordiamo: Vladimir Galitzki, Il tragico Don: l'odissea dei prigionieri italiani nei documenti russi , a cura di Francesco Bigazzi, Milano, Sugarco, 1993; Elena Aga Rossi e Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin: il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca , Bologna, Il Mulino, 1997; Maria Teresa Giusti, «La propaganda antifascista tra i prigionieri di guerra italiani nell'URSS», in: Ricerche di storia politica , 2000, n. 3, e, della stessa, I prigionieri italiani in Russia , Bologna, Il Mulino, 2003; Francesco Bigazzi e Evgenij Zhirnov, Gli ultimi 28: la storia incredibile dei prigionieri di guerra italiani dimenticati in Russia , Milano, Mondadori, 2002. Meramente rievocativo degli avvenimenti è il pur completo saggio di Giordano Marchiani e Gianfranco Stella, Prigionieri italiani nei campi di Stalin , Rimini, Società Editrice Emiliana, 1992.
La scoperta del carteggio Togliatti-Bianco risale appunto all'attività di ricerca a Mosca, e con essa parimenti la strumentalizzazione che, in vista delle elezioni politiche di aprile 1992, si è voluto fare della famosa lettera di Togliatti del 15 febbraio 1943, mal tradotta dallo storico Franco Andreucci. Per una ricostruzione dell'intera vicenda, e dell'impatto che ebbe presso l'opinione pubblica con la riapertura delle antiche polemiche, occorre vedere Panorama del 9 febbraio 1992, nonché le notizie riportate nella prima metà di febbraio dai quotidiani, tra i quali risulta particolarmente importante La Stampa del 13 febbraio, che con un articolo di Giulietto Chiesa svelò l'errore di lettura dal testo originale della lettera. Il volume di Nikolaj Tereš?enko, L'uomo che «torturò» i prigionieri di guerra italiani , Milano, Vangelista, 1994, fu pubblicato in Italia proprio dopo le polemiche per ristabilire la verità di parte sovietica.
Tra gli studi recenti, il Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia , a cura dell'UNIRR, Milano, UNIRR, 1995 (2. ed. 2005), costituisce forse la sintesi più completa e obiettiva delle fonti scritte, orali e documentarie. All'UNIRR si deve anche il bollettino nazionale associativo La voce dell'UNIRR (pubblicato a partire dal 1950, oggi Il notiziario dell'UNIRR ), il sito web ufficiale () e una pregevole Mostra itinerante, molti materiali della quale sono riprodotti in: L'Alpino imolese , 2003, n. 2.
Per quanto riguarda la memoria dei reduci, diciamo subito che nel caso dei prigionieri in Russia non si verificò quasi mai il fenomeno dei diari (e più in generale degli scritti) clandestini, che invece in altri lager (compresi quelli germanici) ufficiali tanto scrupolosi nell'annotare meticolosamente tutto ciò che avveniva attorno a loro quanto scaltri nello sfuggire ai controlli, redigevano sistematicamente su agendine, foglietti e notes. Ai prigionieri in Russia ciò fu impedito sostanzialmente da due fattori: 1) la quasi totale impossibilità di disporre dei normali oggetti di uso quotidiano (dall'ago ai bottoni, dal lapis alla carta), ottenibili soltanto occasionalmente e con gli espedienti più impensati; 2) il sistema capillare di perquisizioni e sequestri di ogni scritto in possesso dei prigionieri, che poi veniva studiato dagli specialisti della guerra psicologica per coglierne elementi utili alla comprensione dell'orientamento politico del singolo e delle inclinazioni morali e sentimentali degli italiani in generale, al fine di elaborare nuove e ulteriori argomentazioni propagandistiche. L'unico diario coevo, che l'autore ha garantito essere stato scritto durante la prigionia, approfittando della particolare posizione di sanitario ma sempre clandestinamente, limitandosi poi soltanto a rivederlo in vista della pubblicazione a stampa, è quello di Donato Guglielmi, Attendimi: diario di un medico prigioniero in Russia: 1942-1946, Genova, Elpis, 1982 (2.a ed. Attendimi: diario di un medico in prigionia: Russia 1942-1946 , Cuneo, L'Arciere, 1993).
Un settore singolare è quello delle memorie dei cappellani militari - di orientamento più o meno vistosamente anticomunista - tra cui ricordo: Guido Maurilio Turla, 7 rubli al cappellano , Milano, ITE, 1965, e, dello stesso, La nostra e la loro prigionia: Russia, Russia, Russia: quattro anni di prigionia in mezzo a un popolo di prigionieri , Milano, ITE, 1947 (nuova ed. Brescia, S. Marco Esine, 1982); Giovanni Brevi, Russia 1942-1953, Milano, Garzanti, 1955 (2.a ed. col titolo: Russia 1942-1954, 1964), e, dello stesso, il volumetto Ho visto la Russia: dedicato ai soldati italiani morti in Russia , Bologna, Studentato delle Missioni, 1954 (su Padre Brevi rimando al mio «Un cappellano ribelle nei lager di Stalin: Padre Giovanni Brevi», Rivista della Guardia di Finanza , 2004, n. 5); Carlo Caneva, Calvario bianco , Udine, Grafica Friulana, 1967 (2. ed. Vittorio Veneto, La Vittoriese, 1972); Pietro Alagiani, Le mie prigioni nel paradiso sovietico , Roma, Ed. Paoline, 1965; Michele d'Auria, La mia Russia: cappellano, combattente, prigioniero , Pompei, IPSI, 1967, e, dello stesso, L'armata nella neve: la tragedia dei soldati italiani in Russia , Roma, CEN, 1974; Pietro Leoni, «Spia del Vaticano!» , Roma, Cinque lune, 1959; Carlo Chiavazza, Scritto sulla neve , Reggio Emilia, Città Armoniosa, 1980; Mario Giannone, La tentazione di un prete: ricordi di prigionia , Napoli, Ed. Vocazioniste, 1987; Corrado Bertoldi, La mia prigionia nei lager di Stalin , s.l., s.e., 2001. Particolarmente prolifico è Mons. Agostino Bonadeo, autore di un buon numero di memorie e di riflessioni morali, tra cui: Sangue sul Don: ricordi intimi di prigionia di un cappellano militare in Russia , Milano, Accademia, 1948; L'eterna speranza , Milano, Croci, 1957; Moloch , Novara, L'Azione, 1958; Il lungo silenzio , Roma, Palombi, 1996; Ricchezze dimenticate: per il terzo millennio , Roma, Palombi, 1998.
Mons. Enelio Franzoni, medaglia d'oro al valore militare e figura carismatica tra gli ex-prigionieri, non ha invece mai pubblicato libri; fra il 1977 e il 1978 fornì però alcuni suoi ricordi a un gruppo di parrocchiani di Santa Maria delle Grazie in Bologna, che col titolo di «Esperienze» li stamparono a più riprese nel giornaletto Il gruppo; il racconto compare oggi interamente nel volume Dove sei stato mio bell'alpino?: Alpini di Imola e della restante Romagna ricordano le loro esperienze in tempo di pace e di guerra , a cura di Giovanni Vinci, Imola, Grafiche Baroncini e Imolagrafiche, 1998, pp. 213-256 (il volume ovviamente contiene anche altre testimonianze di guerra e prigionia in Russia). Tra le interviste a don Franzoni vale la pena di ricordare quella contenuta in Enzo Biagi, 1943 e dintorni , Milano, Mondadori, 1983, pp. 57-59. Su don Franzoni ricordo anche il mio «Un prete nei lager di Stalin», Rassegna della Anrp, 2006, n. 7/8/9.
Sul ruolo dei cappellani nella prigionia in Russia si soffermano i seguenti saggi: Emilio Cavaterra, Sacerdoti in grigioverde: storia dell'Ordinariato militare italiano , Milano, Mursia, 1993, pp. 125-157; Mimmo Franzinelli, «Religione e guerra fredda: i cappellani militari e il problema dei prigionieri italiani nell'Unione Sovietica», in: Studi Piacentini , 1994, n. 16.
Tra la memorialistica è bene mettere in evidenza, per l'importanza che rivestono, anche le pubblicazioni di coloro - come il già menzionato padre Brevi - che rimasero in prigionia 10-12 anni, trasferiti alla giurisdizione carceraria civile con false imputazioni di reati comuni (contro l'esercito sovietico, contro la popolazione ecc.), subendo il regime più duro: Alberto Massa Gallucci, NO!: 12 anni prigioniero in Russia , Bologna, Cacciari, 1958; Enrico Reginato, 12 anni di prigionia nell'URSS , Treviso, Canova, s.d. (poi: Milano, Garzanti, 1955; nuova ed. 1966). I ricordi del generale Battisti (che condivise la prigionia con i generali Ricagno e Pascolini sino al 1950) sono contenuti in Emilio Battisti [et alii], Italianzy kaputt?: con l'Armir in Russia , Roma, CEN, 1959, pp. 287-327. Vanno ricordati gli articoli di Pasquale Pala in Candido : «Sono stato dodici anni nell'inferno dei vivi», 1950, n. 10; «Hanno salvato la bandiera e la fede», 1955, n. 11 (entrambi su Padre Brevi); «È durato dodici anni l'incubo di Reginato», 1955, n. 22. Su Reginato: Carlo Mocci, Enrico Reginato: Russia, 1941-1954 , Treviso, Canova, 1996. Sul capitano Franco Magnani: Giuseppe Barba, Franco Magnani: un soldato tra due epoche , Pavia, Edizioni Antares, 1993. Su tutti questi personaggi offre schizzi molto vivi il libro di Giovanni Lugaresi, Tornare a Nikolajewka: Uomini e fatti di guerra e di prigionia , Parma, Monte Università Parma Editore, 2005.
Della memorialistica ricordo le seguenti opere di ufficiali e soldati, disposte in ordine cronologico di pubblicazione: Egidio Franzini, In Russia: memorie di un alpino redivivo , Venezia, Stamperia Editrice, 1946 (2. ed. Verona, Tip. Commerciale, 1962), e, dello stesso: Reduci dalla Russia: libro-ricordo , Treviso, Stamperia Artigiana, s.d. (ma 1950), e L'ultimo inferno , Milano, Mursia, 1966; Enrico Fanciulli, In terra di Russia: ricordi di un prigioniero , Roma, Il Maglio, s.d. (ma 1947); Gabriele Gherardini, La vita si ferma: prigionieri italiani nei «lager» russi , Milano, Baldini & Castoldi, 1948, e, dello stesso, Morire giorno per giorno: gli italiani nei campi di prigionia dell'URSS , Milano, Mursia, 1968; Luigi Palmieri, Davai: racconti di un sopravvissuto , Roma, Danesi, 1948; Franco Fabietti, Redivivo: quattro anni di prigionia in Russia , Milano, Garzanti, 1949; Nino Buffa, Steppa bianca: quattro anni di prigionia nella Russia sovietica , Palermo, Renna, 1950; Stefano Rudiè, Harasciò: Russia non inventata , Bari, Laterza, 1951; Gino Zabeo, Hai veduto mio figlio?: quattro anni nella Russia dei soviet , Mestre, Tipografia Artigiana, 1952; Pietro Giuffrida, L'Armir, il generale, la ritirata , Roma, Macchia, 1953; Vittorio Bozzini, Neve rossa , Verona, ICA, 1957 (nuova ed. ampl. Verona, Gruppo Alpini Lazise, 2001); Dante Gallorini, Dall'Italia alla Siberia , Milano, Gastaldi, 1958; Gelio Sartini, Campo 160 , Milano, Gastaldi, 1959; Ruggero Y. Quintavalle, Un soldato racconta…: diario di un reduce dalla prigionia sovietica , Roma, Athena, 1960; Manlio Francesconi, Siamo tornati insieme , Roma, Volpe, 1968; Carlo Silva, Vengo dalla Siberia: diario di prigionia , Milano, Bietti, 1973; Settimo Malisardi, Presente alle bandiere , Bologna, APE, 1976; Amleto Bertolla, Ricordi miei e di altri soldati , Roma, CIAS, 1982; Carlo Vicentini, Noi soli vivi: quando sessantamila italiani passarono il Don , Milano, Cavallotti, 1986; Aldo Rezzano, Prigioniero dei russi: andata (1942) e ritorno (1945) dalla Russia , s.l., Tigullio-Bacherontius, 1989; Mario Gullino, Russia 1942-1946: memorie di guerra e di prigionia , Cuneo, L'Arciere, 1992; Pietro Spinucci, Luciano Cerdonio: matricola 393719 , Verona, Il Segno, 1992; Loris Nannini, Prigioniero in U.R.S.S. , Pistoia, Nannini, 1993 (su questo personaggio si veda il mio «Loris Nannini: un aviatore italiano nei lager di Stalin», Rivista Aeronautica , 2005, n. 5); Ivo Emett, Nicevo'…: verranno tempi migliori , Pordenone, Grigoletti, 1994; Gino Beraudi, Vaina kaputt: guerra e prigionia in Russia 1942-1945 , Rovereto, Museo storico italiano della guerra, 1996; Gino Cappozzo, L'ultimo grido del soldato: dall'Albania, alla Grecia, alla Russia, l'odissea in grigioverde di un artigliere alpino: naja, guerra e prigionia in Russia: 1938-1945 , Vicenza, Tip. Esca, 1998; Augusto Fabbri, I più non sono tornati , Imola, Il Nuovo Diario Messaggero, 1998; Francesco Stefanile, Davai bistré: diario di un fante in Russia 1942-1945 , Milano, Mursia, 1999; Girolamo Stovali, La penna mozza: storia di una prigionia: Russia 1943-1946 , Roma, Palombi, 1999; Giorgio Corbia, Io che sono tornato dai lager di Stalin , Cagliari, Cocco, 2000; Franco Martini, Fui prigioniero in Russia , Grotte di Castro, Ceccarelli, 2001; Luigi Venturini, La fame dei vinti: Diario di prigionia di un sergente della Julia in Russia , Udine, Gaspari, 2003; Luciano Menghetti, La marcia del "Davai": pensieri e ricordi di prigionia in Russia (1943-1946) , Vicenza, CTO, 2004; Lelio Zoccai, Prigioniero in Russia: un guastatore alpino nei lager sovietici 1943-1950 , Milano, Mursia, 2004.
Il libro di Heinrich Gerlach, Odyssee in Rot , Monaco, Nymphenburger Verlagshandlung, 1966 (tr. it.: Odissea in rosso , Milano, Garzanti, 1968), è la testimonianza della vita al campo di Suzdal a opera di un ufficiale tedesco. Va inoltre segnalato che brevi ricordi sono stati pubblicati, nel corso degli anni, sulla stampa nazionale e locale delle associazioni d'Arma (specialmente - nessuno me ne voglia - dei Bersaglieri e degli Alpini): si tratta di contributi piccoli ma tutt'altro che insignificanti, poiché aggiungono qualche tassello in più alla memorialistica e contribuiscono a mantenere viva la memoria pubblica di quei fatti.
Tra le raccolte, spesso in forma orale, di memorie si segnalano: Nuto Revelli, La strada del davai , Torino, Einaudi, 1966 (con testimonianze di 29 ex-prigionieri), e Giulio Bedeschi, Prigionia: c'ero anch'io , Milano, Mursia, 3 voll., 1990-1992. Entrambe le opere sono indubbiamente interessanti perché danno spazio anche alle testimonianze dei soldati, ma mancano di inquadramento storico, e furono forse sopravalutate per l'assenza di polemiche verso i commissari politici italiani.
Di seguito le memorie di coloro che in prigionia abbracciarono il marxismo (i cosiddetti «convertiti» o «illuminati»): Fidia Gambetti, I morti e i vivi dell'Armir , Milano, Milano Sera, 1948, e, dello stesso: Né vivi né morti: guerra e prigionia dell'Armir in Russia 1942-1945 , Milano, Mursia, 1973, e Siberia '43 , Roma, Auteditroma, 1983 (su questo autore si veda Luca Gallone, «Fidia Gambetti: dal fascismo giovanile al comunismo», Asti contemporanea , 1999, n. 6); Franco Serio, La steppa accusa! , Milano, La Prora, 1948, e, dello stesso, il fascicolo Via crucis: risposta all'on. sen. Braschi , Milano, Unione Tipografica, 1948; Diego Cadeddu, La storia non si ferma: incontro storico-autobiografico , Roma, IANUA, s.d. (ma ca. 1970); Giuseppe Lamberti, Alpino ribelle: 1911-1945: una generazione tra cinque guerre , Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2006. Vanno consultati anche i ricordi dei commissari politici: Paolo Robotti, Perché non si è fatta luce sulla campagna di Russia , suppl. a L'Unità , 13 agosto 1948, e, dello stesso: La prova , Bari, Leonardo da Vinci, 1965, e Scelto dalla vita , Roma, Napoleone, 1980; Andrea Bertazzoni, Una vita tra le tempeste sociali , Mantova, s.n., 1977. Su Robotti in particolare risulta utile l'articolo di Didi Gnocchi, «Robotti, i verbali del delatore», in: La Stampa , 18 giugno 1993. Il libro di Mario Correnti (pseudonimo di Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani , Mosca, Edizioni in lingue estere, 1943 (rist. Roma, L'Unità, 1945), e quello di Giovanni Germanetto, Memorie di un barbiere , Roma, Rinascita, 1949, nelle loro prime edizioni circolavano già fra i prigionieri all'interno dei lager, e sono importanti per ricostruire il contesto di propaganda antifascista e comunista.
Il sistema della propaganda all'interno dei campi aveva come punto di forza il giornale L'Alba: per una Italia libera ed indipendente: giornale dei prigionieri di guerra italiani nell'Unione Sovietica , oggi ristampato a cura dell'Istituto storico della Resistenza di Cuneo nel 1975. Tale periodico, redatto da un comitato di fuoriusciti italiani, dietro il pretesto di tenere al corrente i prigionieri sull'andamento della guerra (oggettivamente sfavorevole all'Italia) divulgava le tesi marxiste e contribuiva a esercitare un'ulteriore pressione psicologica, tanto nei campi come strumento discriminatorio per discernere i «malleabili» dagli «irriducibili», quanto fra i suoi stessi collaboratori per raffinarne l'indottrinamento. Il citato capitano Gherardini definisce L'Alba «la palestra più ambigua e subdola per tutto ciò che potesse giovare alla propaganda: notizie false od artefatte, turlupinatura di fotomontaggi impensati e grotteschi», utile in definitiva soltanto per fabbricare sigarette ( Morire… , cit., p. 253). Dedicato alla propaganda è il recente saggio di Luca Vaglica, I prigionieri di guerra italiani in Unione Sovietica tra propaganda e rieducazione politica: "L'Alba"1943-1946 , Civitavecchia, Prospettiva Editrice, 2007. Per alcuni spunti in proprosito ricordo il mio «I militari italiani nei campi di prigionia sovietici: tra lavaggio del cervello e resistenza», Rivista Marittima , 2005, n. 1. Per un'informazione generale sui giornali realizzati dagli italiani nei campi di prigionia: Armando Boscolo, I giornali di prigionia (1940-1946) , Clusone, Ferrari, 2003.
Le tesi di laurea di cui sono a conoscenza sono le seguenti: Enrico Reginato, «Tifo esantematico in campi di concentramento dell'URSS: note ed osservazioni personali», tesi di specializzazione in igiene pubblica, Università di Padova, a.a. 1953/1954, rel. Melchiorre Dechigi; Giuseppe Rasolo, «La questione dei prigionieri italiani in URSS durante il secondo conflitto mondiale», Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Storia, Università di Milano, a.a. 1992/1993, rel. Alfredo Canavero (dalla quale è stata tratta la sintesi «L'odissea dei prigionieri italiani in Russia durante il secondo conflitto mondiale», L'impegno , 1995, nn. 2 e 3); Daniel Cherubini, «I prigionieri italiani in Unione Sovietica tra storiografia e fonti d'archivio», Facoltà di Scienze Politiche, Corso di laurea in Storia dell'Europa Orientale, Università Roma Tre, a.a. 2003/2004, rel. Francesco Guida.
Anche il censimento dei caduti e dei dispersi - che costituisce ancora oggi la missione principale dell'UNIRR - vanta una produzione sia nazionale che locale. Per quanto riguarda le vicende del ritrovamento dei luoghi di sepoltura dei nostri militari, più che l'inaffidabile libro di Jacek Wilczur, Le tombe dell'Armir , Milano, Sugar, 1964, offrono ricostruzioni attendibili il reportage di Pino Scaccia, Armir: sulle tracce di un esercito perduto , Roma, Nuova ERI, 1992, e l' Elenco ufficiale dei prigionieri italiani deceduti nei lager russi traslitterati dai tabulati dell'archivio storico dell'ex URSS , a cura del Commissariato generale onoranze ai caduti, Milano, UNIRR, 1993. Ricordo inoltre: Caduti e dispersi in Russia , s.l., s.e. s.i.d.; Ministero della Difesa - Commissariato generale onoranze caduti in guerra, Ricerche effettuate sul territorio della comunità di stati indipendenti (ex URSS) per la localizzazione delle fosse comuni e dei campi di concentramento: dati di interesse , Gaeta, Stabilimento Grafico Militare, 1996; Clara Castagnoli, Caduti e dispersi mantovani in Russia , Mantova, Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, 1992; Associazione Nazionale famiglie dei Caduti e dispersi in guerra - Comitato provinciale di Bergamo, Il Comitato provinciale dell'Associazione nazionale famiglie dei caduti e dispersi in guerra di Bergamo a ricordo dei dispersi in Russia bergamaschi , Bergamo, Tip. Bergamo Alta, 1971.
Ancora riguardo alla memoria ufficiale, ricordo infine la guida del Tempio nazionale di Cargnacco che ancora oggi costituisce l'ideale punto di raccolta tra i vivi e i morti e i rispettivi familiari: Il Tempio nazionale di Cargnacco dedicato alla Madonna del conforto per i caduti e dispersi in Russia, s.l., s.e., s.i.d. (ma 198?).
* Questo contributo bibliografico - che è limitato esclusivamente alla prigionia e non riguarda la campagna in Russia in generale - è la versione riveduta e aggiornata del saggio di Alessandro Ferioli, «Nei Lager di Stalin: rassegna bibliografica dei militari italiani in Russia», Archivio Trentino, A. LIII, n. 1 (2004), pp. 199-209. Il presente lavoro non ha alcuna pretesa di esaustività, sia per le limitate conoscenze dell'autore sia per le vicende di larga parte della produzione memorialistica, realizzata dai reduci a proprie spese, in numero limitato di copie e spesso fuori dai canali di distribuzione. Integrazioni e/o segnalazioni saranno gradite all'indirizzo di posta elettronica alessandro.ferioli[chiocciola]alice[punto]it.
SIGLE UTILIZZATE:
ANRP = Associazione nazionale reduci dalla prigionia
Armir = Armata italiana in Russia
GUISCo = Gruppo ufficiali internati nello Straflager di Colonia
PCI = Partito comunista italiano
UNIRR = Unione nazionale italiana reduci di Russia
URSS = Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
Due furono gli aspetti peculiari della prigionia nei campi sovietici. In primo luogo la propaganda metodica e martellante alla quale i prigionieri venivano quotidianamente sottoposti, e che era ben lontana dalle ordinarie azioni psicologiche che le autorità di tutti gli stati - anche i più democratici - mettono in atto per convincere i prigionieri di guerra della bontà della propria causa. Tale propaganda non si rivolgeva, infatti, soltanto contro il regime fascista e la persona di Mussolini, ma contro l'intero «sistema occidentale», contro la borghesia, contro le democrazie europee e contro la religione, al fine di convincere i prigionieri che soltanto il comunismo, una volta che fosse stato esportato dalla Russia nel resto d'Europa, avrebbe potuto garantire a tutti la libertà e l'uguaglianza. Ai prigionieri pertanto si richiedeva di firmare appelli o messaggi agli italiani, specialmente contro la monarchia e il Re - che pure rappresentava la continuità dello Stato, e al quale i militari erano vincolati dal giuramento prestato - e per la cessione di Trieste alla Jugoslavia, in una prospettiva quindi di mutilazione territoriale dell'Italia a vantaggio di un altro Stato sovrano.
Soprattutto nei campi per ufficiali esistevano biblioteche ricche di testi del comunismo, per facilitare un primo approccio con l'ideologia. Alla lettura, facoltativa, si aggiungevano le periodiche conferenze (obbligatorie per tutti) tenute da «esperti» nelle diverse discipline, il cui unico scopo era in effetti di esaltare i progressi dell'Unione Sovietica sotto il regime comunista. I controlli capillari sulle opinioni e sulle vicende personali dei prigionieri consentivano di individuare con sicurezza il loro orientamento politico e il loro grado di «docilità»: le informazioni venivano raccolte attraverso delatori selezionati fra i prigionieri stessi (i quali potevano ottenere facilmente le confidenze dei colleghi e captare commenti durante la lettura collettiva del periodico propagandistico L'Alba ), ma anche dall'esame delle cartoline scritte alle famiglie (quasi mai uscite dai campi) o giunte da casa (quasi mai distribuite), nonché mediante gli interrogatori notturni operati dagli ufficiali della polizia politica (NKVD) con l'assistenza di commissari politici italiani.
Questi ultimi costituiscono la seconda delle particolarità della prigionia in Russia, poiché essi svolsero funzioni riconosciute nei campi, che furono percepite di volta in volta dai militari - a seconda dei luoghi e delle persone, la cui diversità di giudizio ci dovrebbe consigliare di evitare generalizzazioni - come quelle di interpreti, organizzatori di attività culturali e ricreative, propagandisti, informatori e perfino persecutori attivi.
In prossimità delle consultazioni del 18 aprile 1948, un gruppo di reduci pubblicò un libello polemico dal titolo Russia , Numero unico a cura dell'UNIRR, Roma, Tipografia La Colonna, aprile 1948, per svelare all'opinione pubblica il trattamento inumano subito nei lager sovietici e il comportamento dei commissari politici italiani, definiti come aguzzini. La particolare delicatezza dell'appuntamento elettorale, ormai inserito a pieno nella «guerra fredda», fece sì che i partiti avversi al PCI, che sino a quel momento francamente ben poco interesse avevano dimostrato verso i reduci dalla Russia, garantissero agli autori un'enorme risonanza mediatica. Uno degli esponenti comunisti chiamati in causa, il senatore Edoardo d'Onofrio, querelò per diffamazione i firmatari del pamphlet . Il processo, cominciato il 21 febbraio 1949, salì alla ribalta delle cronache soprattutto fra il 16 maggio e il 22 giugno (periodo in cui avvennero le deposizioni dei vari testi) e nel corso del mese di luglio (occupato dai dibattimenti e dalle arringhe sino al giorno 22 in cui fu emessa la sentenza), e si concluse con l'assoluzione degli imputati perché il fatto non costituisce reato, «essendo provata la verità dei fatti stessi». Attraverso le testimonianze a discarico degli imputati, fu così riconosciuta la sostanziale veridicità di quanto narrato dai reduci, e fu stabilita una verità processuale che a mio avviso, una volta depurata delle strumentalizzazioni politiche dell'epoca, non dovrebbe più essere elusa in sede di riflessione storiografica.
Le arringhe dei legali di D'Onofrio furono pubblicate nel volume di Giuseppe Sotgiu e Mario Paone, La tragedia dell'Armir nelle arringhe di Sotgiu e Paone al processo D'Onofrio , pref. di Mario Ferrara, Milano, Milano Sera, 1950, dove sono contenuti i documenti dell'inchiesta e il resoconto stenografico del processo. Le argomentazioni della difesa dei reduci si trovano invece nel volume dell'avvocato Giorgio Mastino Del Rio, In difesa dei reduci di Russia , Roma, s.e., 1949; altre rievocazioni nel libro dello stesso, I miei processi celebri , Bologna, Cappelli, 1964. Per uno studio sul processo è fondamentale anche la consultazione della stampa (fortemente schierata, soprattutto quella quotidiana) dei giorni sopraddetti. La raccolta di interventi parlamentari di Edoardo d'Onofrio e Mario Palermo, Vogliamo un'inchiesta sul disastro dell'Armir: discorsi pronunciati al Senato della Repubblica il 5 e il 6 luglio 1948 , Roma, CDS, s.d. (ma 1948), documenta la linea politica del PCI, che sollecitava il governo italiano a prendere una posizione univoca sulla campagna di Russia, per attribuire la responsabilità morale e politica della disfatta e di tutti i decessi al regime fascista e agli alti gradi dell Forze Armate. Il libro di Benigno Benassi, Il processo D'Onofrio e la verità , Bologna, Abes, 1949, contiene una sintesi «giornalistica» degli atti, e ancora rientra nella pubblicistica anticomunista dell'epoca. Una ricostruzione puntuale viene oggi finalmente proposta nel recente saggio di Alessandro Frigerio, Reduci alla sbarra: 1949: Il processo D'Onofrio e il ruolo del PCI nei lager sovietici , Milano, Mursia, 2006. Per una seria contestualizzazione storiografica sul PCI di quegli anni soccorrono i seguenti saggi: Renzo Martinelli, Storia del Partito comunista italiano: il "Partito nuovo"dalla Liberazione al 18 aprile , Einaudi, Torino 1995; Giovanni Gozzini e Renzo Martinelli, Storia del Partito comunista italiano: dall'attentato a Togliatti all'VIII congresso , Torino, Einaudi, 1998.
In un contesto fortemente segnato dalle schermaglie politiche, dall'odio di parte e dal generale disconoscimento del sacrificio dei prigionieri in URSS, appare ovvio che anche le prime monografie in materia presentassero carattere marcatamente polemico verso il PCI, poiché se la disastrosa campagna militare in Russia aveva contribuito a determinare il crollo del «mondo artificiale» costruito dalla retorica fascista, la prigionia aveva fatto vivere i soldati italiani a contatto con la popolazione sovietica in un'esperienza drammatica che consentiva, al rimpatrio, di sbugiardare chiunque tentasse di magnificare il tenore di vita, la libertà e le conquiste conseguite dal comunismo. Tra le produzioni più polemiche ricordo: capitano Arduini, La verità sui prigionieri italiani in Russia: documentazioni sulla campagna di Russia , Roma, La stampa moderna, 1947; Arnaldo Cappellini, Inchiesta sui dispersi in Russia , Milano, ITE, 1949; Ezio Saini, Sono vivi in Russia , Roma, Ariete, 1951. Chi intenda ricostruire il contesto politico-culturale in cui la polemica si svolse, specialmente per quanto riguarda le elezioni del '48, dovrà tenere presente inoltre i numeri di Candido , che si occupò molto di queste vicende, e i manifesti elettorali realizzati da Giovannino Guareschi, ricorrendo all'Archivio del Club dei Ventitrè (Roncole Verdi, Parma).
Le circostanze del ritorno, anche sotto l'aspetto dei rapporti diplomatici internazionali, sono analizzate nel saggio di Roberto Morozzo della Rocca, «La vicenda dei prigionieri in Russia nella politica italiana 1944-1948», in: Storia e politica , 1983, n. 3, e, dello stesso, La politica estera italiana e l'Unione Sovietica 1944-1948 , Roma, La goliardica, 1985. Va ricordato anche il rapporto dell'Ufficio del Delegato italiano presso la Commissione speciale dell'ONU per i prigionieri di guerra, Note e documenti riguardanti i militari italiani prigionieri e dispersi in Russia , Milano, Tip. Sella, 1958.
Tra i primi tentativi di produrre opere generali e sistematiche sui prigionieri italiani (con ampio spazio dedicato alla Russia) va annoverato quello di Luigi Pignatelli, Il secondo Regno: i prigionieri italiani nell'ultimo conflitto , Milano, Longanesi, 1969, importante a mio avviso anche metodologicamente, per il fatto di basarsi su tre tipi diversi di fonti: bollettini, relazioni e documenti d'archivio dei ministeri della Guerra e degli Affari Esteri; letteratura memorialistica; testimonianze rilasciate all'autore in forma scritta o di colloquio-intervista. Purtroppo alcune parti del volume furono ordinate dopo la morte dell'Autore, e ciò contribuì a limitarne l'efficacia metodologica e, di conseguenza, il «successo» fra gli studiosi.
Assai importante è anche il saggio di CarmineLops:Il retaggio dei reduci italiani , Roma, ANRP, 1971: una storia (per quanto un po' dispersiva) della prigionia dei militari italiani su tutti i fronti, contenente documenti e carteggi diplomatici Italia-Urss, documentazione su caduti, dispersi e rimpatriati, una panoramica dei campi e un elenco dei cappellani militari. Da ricordare anche il microsaggio di Giuliano Manacorda, «La guerra e la prigionia di Russia nelle testimonianze dei combattenti italiani», Il Mamiani: Annali del Liceo-Ginnasio Statale T. Mamiani , 1966, s.n.
Tra gli studi più seri vanno annoverati i seguenti: Valdo Zilli, «Fascisti e antifascisti in Russia: il trattamento politico dei prigionieri di guerra nell'URSS», in: Il Ponte , 1950, n. 11, e, dello stesso, «Gli italiani prigionieri di guerra in URSS: vicende, esperienze, testimonianze», in: Rivista di storia contemporanea , 1981, n. 3; Aldo Valori, La campagna di Russia: Csir-Armir: 1941-1943 , Roma, Grafica Nazionale Editrice, 2 vol., 1950-1951; Francesco Valori, Gli italiani in Russia , Milano, Bietti, 1967; Antonio Ricchezza, Italiani dispersi in Russia , Milano, Longanesi, 1972; Emilio Vio, «Odissea nella steppa», in: Storia Illustrata , 1987, n. 353; Arrigo Petacco, L'armata scomparsa: l'avventura degli italiani in Russia , Milano, CDE, 1999.
Tra i convegni va ricordato preliminarmente quello di Cuneo del 1979, i cui atti sono in: Gli italiani sul fronte russo (atti del convegno di Cuneo, 19-20-21 ottobre 1979), a cura dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia, Bari, De Donato, 1982. Fra i primi incontri di studiosi sulla prigionia, con un'ampia parte dedicata a quella in Russia, annoveriamo il convegno di Mantova del 1984, i cui atti furono pubblicati in I prigionieri militari italiani durante la seconda guerra mondiale: aspetti e problemi storici (atti del convegno di Mantova, 4-5 ottobre 1984), a cura di Roman H. Rainero, Milano, Marzorati, 1985. Ancora nel convegno torinese del 1987 su prigionieri, internati e deportati italiani, promosso per fare il punto sulle ricerche compiute e in corso negli archivi nazionali ed esteri, e i cui risultati confluirono in Una storia di tutti (atti del convegno a Torino, 2-3-4 novembre 1987), a cura dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, Milano, Angeli, 1989, nessuna relazione fu dedicata agli archivi russi, dai quali a giudizio dei curatori nulla ci si sarebbe potuto attendere a causa del disordine dell'amministrazione sovietica (ma di qualche utilità risulta l'intervento di Pierluigi Bertinaria, «Le fonti dell'ufficio storico dello SME sui prigionieri italiani di guerra nella 2a guerra mondiale»). Ricordo inoltre il seminario di studi organizzato a Firenze nei giorni 3-4 novembre 1994 dal Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, che produsse il volume Le diverse prigionie dei militari italiani nella seconda guerra mondiale , a cura di Luigi Tomassini, Firenze, Regione Toscana, 1995, di cui segnalo specialmente il contributo di Marina Rossi: «Primi documenti di propaganda sovietica verso i militari italiani». Un primo tentativo di analisi delle tecniche di «lavaggio del cervello» usate dai sovietici, e volte a mutare le convinzioni in maniera durevole, si deve al contributo di Gabriele Alfieri, «Aspetti sociologici della comunità dei prigionieri di guerra nei campi di concentramento dell'Urss, con particolare riguardo ai primi mesi di prigionia», in: Atti del XIV Congresso internazionale di Sociologia (vol. II), Roma, Società Italiana di Sociologia, 1950.
Di notevole interesse la raccolta di studi Dopo il lager: la memoria della prigionia e dell'internamento nei reduci e negli «altri» , a cura di Claudio Sommaruga, Napoli, GUISCo, 1995 (riveduta e pubblicata col titolo Il dovere della memoria , a cura di Claudio Sommaruga e Olindo Orlandi, Roma, Edizioni ANRP, 2003), che contiene tra l'altro il saggio di Carlo Vicentini, «Vicende dei prigionieri di guerra italiani nei lager russi durante il conflitto 1939-45». Di una certa importanza, per lo sforzo di sistematizzazione d'insieme delle diverse prigionie, risulta il contributo portato al convegno della ANRP a Caserta da Umberto Cappuzzo, «Le condizioni dei prigionieri di guerra nei vari fronti», in: I prigionieri e gli internati militari italiani nella seconda guerra mondiale (atti del convegno di Caserta, 31 marzo-1 aprile 1995), a cura di Renato Sicurezza, Roma, ANRP, 1995. Da segnalare ancora il volume di Massimo Sani, Prigionieri: i soldati italiani nei campi di concentramento 1940-1947 , Torino, ERI-Rai, 1987, frutto di una trasmissione televisiva andata in onda nello stesso anno su Rai Uno, contenente tra l'altro le interviste a cinque reduci, fra i quali don Enelio Franzoni; l'introduzione del curatore è costituita dal medesimo testo che lo stesso Sani presentò successivamente al convegno di Cesena del 1995 dedicato al «ritorno» dalla prigionia, i cui atti sono riportati in Il ritorno dai lager (atti del convegno di Cesena, 20-21 ottobre 1995), a cura di Pietro Vaenti, Cesena, Il Ponte Vecchio, 1996. Altre notizie in un convegno del 1999: Internati, prigionieri, reduci: la deportazione militare italiana durante la seconda guerra mondiale (atti del convegno di Bergamo, 16-17 ottobre 1999), a cura di Angelo Bendotti e Eugenia Valtulina, Bergamo, Istituto bergamasco per la storia della resistenza e dell'età contemporanea, 1999.
In tempi più recenti alcuni studiosi si sono dedicati molto proficuamente all'analisi dei documenti russi, attraverso difficoltose ricerche nell'Archivio di stato a Mosca, nel contesto di studi più generali sui rapporti fra il PCI e Mosca e sull'attività dei fuoriusciti. In ordine ai prigionieri italiani dette ricerche non hanno fatto altro che confermare, dall'interno del sistema burocratico sovietico, quanto i reduci vanno raccontando sin dal dopoguerra. Di questo filone ricordiamo: Vladimir Galitzki, Il tragico Don: l'odissea dei prigionieri italiani nei documenti russi , a cura di Francesco Bigazzi, Milano, Sugarco, 1993; Elena Aga Rossi e Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin: il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca , Bologna, Il Mulino, 1997; Maria Teresa Giusti, «La propaganda antifascista tra i prigionieri di guerra italiani nell'URSS», in: Ricerche di storia politica , 2000, n. 3, e, della stessa, I prigionieri italiani in Russia , Bologna, Il Mulino, 2003; Francesco Bigazzi e Evgenij Zhirnov, Gli ultimi 28: la storia incredibile dei prigionieri di guerra italiani dimenticati in Russia , Milano, Mondadori, 2002. Meramente rievocativo degli avvenimenti è il pur completo saggio di Giordano Marchiani e Gianfranco Stella, Prigionieri italiani nei campi di Stalin , Rimini, Società Editrice Emiliana, 1992.
La scoperta del carteggio Togliatti-Bianco risale appunto all'attività di ricerca a Mosca, e con essa parimenti la strumentalizzazione che, in vista delle elezioni politiche di aprile 1992, si è voluto fare della famosa lettera di Togliatti del 15 febbraio 1943, mal tradotta dallo storico Franco Andreucci. Per una ricostruzione dell'intera vicenda, e dell'impatto che ebbe presso l'opinione pubblica con la riapertura delle antiche polemiche, occorre vedere Panorama del 9 febbraio 1992, nonché le notizie riportate nella prima metà di febbraio dai quotidiani, tra i quali risulta particolarmente importante La Stampa del 13 febbraio, che con un articolo di Giulietto Chiesa svelò l'errore di lettura dal testo originale della lettera. Il volume di Nikolaj Tereš?enko, L'uomo che «torturò» i prigionieri di guerra italiani , Milano, Vangelista, 1994, fu pubblicato in Italia proprio dopo le polemiche per ristabilire la verità di parte sovietica.
Tra gli studi recenti, il Rapporto sui prigionieri di guerra italiani in Russia , a cura dell'UNIRR, Milano, UNIRR, 1995 (2. ed. 2005), costituisce forse la sintesi più completa e obiettiva delle fonti scritte, orali e documentarie. All'UNIRR si deve anche il bollettino nazionale associativo La voce dell'UNIRR (pubblicato a partire dal 1950, oggi Il notiziario dell'UNIRR ), il sito web ufficiale (
Per quanto riguarda la memoria dei reduci, diciamo subito che nel caso dei prigionieri in Russia non si verificò quasi mai il fenomeno dei diari (e più in generale degli scritti) clandestini, che invece in altri lager (compresi quelli germanici) ufficiali tanto scrupolosi nell'annotare meticolosamente tutto ciò che avveniva attorno a loro quanto scaltri nello sfuggire ai controlli, redigevano sistematicamente su agendine, foglietti e notes. Ai prigionieri in Russia ciò fu impedito sostanzialmente da due fattori: 1) la quasi totale impossibilità di disporre dei normali oggetti di uso quotidiano (dall'ago ai bottoni, dal lapis alla carta), ottenibili soltanto occasionalmente e con gli espedienti più impensati; 2) il sistema capillare di perquisizioni e sequestri di ogni scritto in possesso dei prigionieri, che poi veniva studiato dagli specialisti della guerra psicologica per coglierne elementi utili alla comprensione dell'orientamento politico del singolo e delle inclinazioni morali e sentimentali degli italiani in generale, al fine di elaborare nuove e ulteriori argomentazioni propagandistiche. L'unico diario coevo, che l'autore ha garantito essere stato scritto durante la prigionia, approfittando della particolare posizione di sanitario ma sempre clandestinamente, limitandosi poi soltanto a rivederlo in vista della pubblicazione a stampa, è quello di Donato Guglielmi, Attendimi: diario di un medico prigioniero in Russia: 1942-1946, Genova, Elpis, 1982 (2.a ed. Attendimi: diario di un medico in prigionia: Russia 1942-1946 , Cuneo, L'Arciere, 1993).
Un settore singolare è quello delle memorie dei cappellani militari - di orientamento più o meno vistosamente anticomunista - tra cui ricordo: Guido Maurilio Turla, 7 rubli al cappellano , Milano, ITE, 1965, e, dello stesso, La nostra e la loro prigionia: Russia, Russia, Russia: quattro anni di prigionia in mezzo a un popolo di prigionieri , Milano, ITE, 1947 (nuova ed. Brescia, S. Marco Esine, 1982); Giovanni Brevi, Russia 1942-1953, Milano, Garzanti, 1955 (2.a ed. col titolo: Russia 1942-1954, 1964), e, dello stesso, il volumetto Ho visto la Russia: dedicato ai soldati italiani morti in Russia , Bologna, Studentato delle Missioni, 1954 (su Padre Brevi rimando al mio «Un cappellano ribelle nei lager di Stalin: Padre Giovanni Brevi», Rivista della Guardia di Finanza , 2004, n. 5); Carlo Caneva, Calvario bianco , Udine, Grafica Friulana, 1967 (2. ed. Vittorio Veneto, La Vittoriese, 1972); Pietro Alagiani, Le mie prigioni nel paradiso sovietico , Roma, Ed. Paoline, 1965; Michele d'Auria, La mia Russia: cappellano, combattente, prigioniero , Pompei, IPSI, 1967, e, dello stesso, L'armata nella neve: la tragedia dei soldati italiani in Russia , Roma, CEN, 1974; Pietro Leoni, «Spia del Vaticano!» , Roma, Cinque lune, 1959; Carlo Chiavazza, Scritto sulla neve , Reggio Emilia, Città Armoniosa, 1980; Mario Giannone, La tentazione di un prete: ricordi di prigionia , Napoli, Ed. Vocazioniste, 1987; Corrado Bertoldi, La mia prigionia nei lager di Stalin , s.l., s.e., 2001. Particolarmente prolifico è Mons. Agostino Bonadeo, autore di un buon numero di memorie e di riflessioni morali, tra cui: Sangue sul Don: ricordi intimi di prigionia di un cappellano militare in Russia , Milano, Accademia, 1948; L'eterna speranza , Milano, Croci, 1957; Moloch , Novara, L'Azione, 1958; Il lungo silenzio , Roma, Palombi, 1996; Ricchezze dimenticate: per il terzo millennio , Roma, Palombi, 1998.
Mons. Enelio Franzoni, medaglia d'oro al valore militare e figura carismatica tra gli ex-prigionieri, non ha invece mai pubblicato libri; fra il 1977 e il 1978 fornì però alcuni suoi ricordi a un gruppo di parrocchiani di Santa Maria delle Grazie in Bologna, che col titolo di «Esperienze» li stamparono a più riprese nel giornaletto Il gruppo; il racconto compare oggi interamente nel volume Dove sei stato mio bell'alpino?: Alpini di Imola e della restante Romagna ricordano le loro esperienze in tempo di pace e di guerra , a cura di Giovanni Vinci, Imola, Grafiche Baroncini e Imolagrafiche, 1998, pp. 213-256 (il volume ovviamente contiene anche altre testimonianze di guerra e prigionia in Russia). Tra le interviste a don Franzoni vale la pena di ricordare quella contenuta in Enzo Biagi, 1943 e dintorni , Milano, Mondadori, 1983, pp. 57-59. Su don Franzoni ricordo anche il mio «Un prete nei lager di Stalin», Rassegna della Anrp, 2006, n. 7/8/9.
Sul ruolo dei cappellani nella prigionia in Russia si soffermano i seguenti saggi: Emilio Cavaterra, Sacerdoti in grigioverde: storia dell'Ordinariato militare italiano , Milano, Mursia, 1993, pp. 125-157; Mimmo Franzinelli, «Religione e guerra fredda: i cappellani militari e il problema dei prigionieri italiani nell'Unione Sovietica», in: Studi Piacentini , 1994, n. 16.
Tra la memorialistica è bene mettere in evidenza, per l'importanza che rivestono, anche le pubblicazioni di coloro - come il già menzionato padre Brevi - che rimasero in prigionia 10-12 anni, trasferiti alla giurisdizione carceraria civile con false imputazioni di reati comuni (contro l'esercito sovietico, contro la popolazione ecc.), subendo il regime più duro: Alberto Massa Gallucci, NO!: 12 anni prigioniero in Russia , Bologna, Cacciari, 1958; Enrico Reginato, 12 anni di prigionia nell'URSS , Treviso, Canova, s.d. (poi: Milano, Garzanti, 1955; nuova ed. 1966). I ricordi del generale Battisti (che condivise la prigionia con i generali Ricagno e Pascolini sino al 1950) sono contenuti in Emilio Battisti [et alii], Italianzy kaputt?: con l'Armir in Russia , Roma, CEN, 1959, pp. 287-327. Vanno ricordati gli articoli di Pasquale Pala in Candido : «Sono stato dodici anni nell'inferno dei vivi», 1950, n. 10; «Hanno salvato la bandiera e la fede», 1955, n. 11 (entrambi su Padre Brevi); «È durato dodici anni l'incubo di Reginato», 1955, n. 22. Su Reginato: Carlo Mocci, Enrico Reginato: Russia, 1941-1954 , Treviso, Canova, 1996. Sul capitano Franco Magnani: Giuseppe Barba, Franco Magnani: un soldato tra due epoche , Pavia, Edizioni Antares, 1993. Su tutti questi personaggi offre schizzi molto vivi il libro di Giovanni Lugaresi, Tornare a Nikolajewka: Uomini e fatti di guerra e di prigionia , Parma, Monte Università Parma Editore, 2005.
Della memorialistica ricordo le seguenti opere di ufficiali e soldati, disposte in ordine cronologico di pubblicazione: Egidio Franzini, In Russia: memorie di un alpino redivivo , Venezia, Stamperia Editrice, 1946 (2. ed. Verona, Tip. Commerciale, 1962), e, dello stesso: Reduci dalla Russia: libro-ricordo , Treviso, Stamperia Artigiana, s.d. (ma 1950), e L'ultimo inferno , Milano, Mursia, 1966; Enrico Fanciulli, In terra di Russia: ricordi di un prigioniero , Roma, Il Maglio, s.d. (ma 1947); Gabriele Gherardini, La vita si ferma: prigionieri italiani nei «lager» russi , Milano, Baldini & Castoldi, 1948, e, dello stesso, Morire giorno per giorno: gli italiani nei campi di prigionia dell'URSS , Milano, Mursia, 1968; Luigi Palmieri, Davai: racconti di un sopravvissuto , Roma, Danesi, 1948; Franco Fabietti, Redivivo: quattro anni di prigionia in Russia , Milano, Garzanti, 1949; Nino Buffa, Steppa bianca: quattro anni di prigionia nella Russia sovietica , Palermo, Renna, 1950; Stefano Rudiè, Harasciò: Russia non inventata , Bari, Laterza, 1951; Gino Zabeo, Hai veduto mio figlio?: quattro anni nella Russia dei soviet , Mestre, Tipografia Artigiana, 1952; Pietro Giuffrida, L'Armir, il generale, la ritirata , Roma, Macchia, 1953; Vittorio Bozzini, Neve rossa , Verona, ICA, 1957 (nuova ed. ampl. Verona, Gruppo Alpini Lazise, 2001); Dante Gallorini, Dall'Italia alla Siberia , Milano, Gastaldi, 1958; Gelio Sartini, Campo 160 , Milano, Gastaldi, 1959; Ruggero Y. Quintavalle, Un soldato racconta…: diario di un reduce dalla prigionia sovietica , Roma, Athena, 1960; Manlio Francesconi, Siamo tornati insieme , Roma, Volpe, 1968; Carlo Silva, Vengo dalla Siberia: diario di prigionia , Milano, Bietti, 1973; Settimo Malisardi, Presente alle bandiere , Bologna, APE, 1976; Amleto Bertolla, Ricordi miei e di altri soldati , Roma, CIAS, 1982; Carlo Vicentini, Noi soli vivi: quando sessantamila italiani passarono il Don , Milano, Cavallotti, 1986; Aldo Rezzano, Prigioniero dei russi: andata (1942) e ritorno (1945) dalla Russia , s.l., Tigullio-Bacherontius, 1989; Mario Gullino, Russia 1942-1946: memorie di guerra e di prigionia , Cuneo, L'Arciere, 1992; Pietro Spinucci, Luciano Cerdonio: matricola 393719 , Verona, Il Segno, 1992; Loris Nannini, Prigioniero in U.R.S.S. , Pistoia, Nannini, 1993 (su questo personaggio si veda il mio «Loris Nannini: un aviatore italiano nei lager di Stalin», Rivista Aeronautica , 2005, n. 5); Ivo Emett, Nicevo'…: verranno tempi migliori , Pordenone, Grigoletti, 1994; Gino Beraudi, Vaina kaputt: guerra e prigionia in Russia 1942-1945 , Rovereto, Museo storico italiano della guerra, 1996; Gino Cappozzo, L'ultimo grido del soldato: dall'Albania, alla Grecia, alla Russia, l'odissea in grigioverde di un artigliere alpino: naja, guerra e prigionia in Russia: 1938-1945 , Vicenza, Tip. Esca, 1998; Augusto Fabbri, I più non sono tornati , Imola, Il Nuovo Diario Messaggero, 1998; Francesco Stefanile, Davai bistré: diario di un fante in Russia 1942-1945 , Milano, Mursia, 1999; Girolamo Stovali, La penna mozza: storia di una prigionia: Russia 1943-1946 , Roma, Palombi, 1999; Giorgio Corbia, Io che sono tornato dai lager di Stalin , Cagliari, Cocco, 2000; Franco Martini, Fui prigioniero in Russia , Grotte di Castro, Ceccarelli, 2001; Luigi Venturini, La fame dei vinti: Diario di prigionia di un sergente della Julia in Russia , Udine, Gaspari, 2003; Luciano Menghetti, La marcia del "Davai": pensieri e ricordi di prigionia in Russia (1943-1946) , Vicenza, CTO, 2004; Lelio Zoccai, Prigioniero in Russia: un guastatore alpino nei lager sovietici 1943-1950 , Milano, Mursia, 2004.
Il libro di Heinrich Gerlach, Odyssee in Rot , Monaco, Nymphenburger Verlagshandlung, 1966 (tr. it.: Odissea in rosso , Milano, Garzanti, 1968), è la testimonianza della vita al campo di Suzdal a opera di un ufficiale tedesco. Va inoltre segnalato che brevi ricordi sono stati pubblicati, nel corso degli anni, sulla stampa nazionale e locale delle associazioni d'Arma (specialmente - nessuno me ne voglia - dei Bersaglieri e degli Alpini): si tratta di contributi piccoli ma tutt'altro che insignificanti, poiché aggiungono qualche tassello in più alla memorialistica e contribuiscono a mantenere viva la memoria pubblica di quei fatti.
Tra le raccolte, spesso in forma orale, di memorie si segnalano: Nuto Revelli, La strada del davai , Torino, Einaudi, 1966 (con testimonianze di 29 ex-prigionieri), e Giulio Bedeschi, Prigionia: c'ero anch'io , Milano, Mursia, 3 voll., 1990-1992. Entrambe le opere sono indubbiamente interessanti perché danno spazio anche alle testimonianze dei soldati, ma mancano di inquadramento storico, e furono forse sopravalutate per l'assenza di polemiche verso i commissari politici italiani.
Di seguito le memorie di coloro che in prigionia abbracciarono il marxismo (i cosiddetti «convertiti» o «illuminati»): Fidia Gambetti, I morti e i vivi dell'Armir , Milano, Milano Sera, 1948, e, dello stesso: Né vivi né morti: guerra e prigionia dell'Armir in Russia 1942-1945 , Milano, Mursia, 1973, e Siberia '43 , Roma, Auteditroma, 1983 (su questo autore si veda Luca Gallone, «Fidia Gambetti: dal fascismo giovanile al comunismo», Asti contemporanea , 1999, n. 6); Franco Serio, La steppa accusa! , Milano, La Prora, 1948, e, dello stesso, il fascicolo Via crucis: risposta all'on. sen. Braschi , Milano, Unione Tipografica, 1948; Diego Cadeddu, La storia non si ferma: incontro storico-autobiografico , Roma, IANUA, s.d. (ma ca. 1970); Giuseppe Lamberti, Alpino ribelle: 1911-1945: una generazione tra cinque guerre , Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2006. Vanno consultati anche i ricordi dei commissari politici: Paolo Robotti, Perché non si è fatta luce sulla campagna di Russia , suppl. a L'Unità , 13 agosto 1948, e, dello stesso: La prova , Bari, Leonardo da Vinci, 1965, e Scelto dalla vita , Roma, Napoleone, 1980; Andrea Bertazzoni, Una vita tra le tempeste sociali , Mantova, s.n., 1977. Su Robotti in particolare risulta utile l'articolo di Didi Gnocchi, «Robotti, i verbali del delatore», in: La Stampa , 18 giugno 1993. Il libro di Mario Correnti (pseudonimo di Palmiro Togliatti), Discorsi agli italiani , Mosca, Edizioni in lingue estere, 1943 (rist. Roma, L'Unità, 1945), e quello di Giovanni Germanetto, Memorie di un barbiere , Roma, Rinascita, 1949, nelle loro prime edizioni circolavano già fra i prigionieri all'interno dei lager, e sono importanti per ricostruire il contesto di propaganda antifascista e comunista.
Il sistema della propaganda all'interno dei campi aveva come punto di forza il giornale L'Alba: per una Italia libera ed indipendente: giornale dei prigionieri di guerra italiani nell'Unione Sovietica , oggi ristampato a cura dell'Istituto storico della Resistenza di Cuneo nel 1975. Tale periodico, redatto da un comitato di fuoriusciti italiani, dietro il pretesto di tenere al corrente i prigionieri sull'andamento della guerra (oggettivamente sfavorevole all'Italia) divulgava le tesi marxiste e contribuiva a esercitare un'ulteriore pressione psicologica, tanto nei campi come strumento discriminatorio per discernere i «malleabili» dagli «irriducibili», quanto fra i suoi stessi collaboratori per raffinarne l'indottrinamento. Il citato capitano Gherardini definisce L'Alba «la palestra più ambigua e subdola per tutto ciò che potesse giovare alla propaganda: notizie false od artefatte, turlupinatura di fotomontaggi impensati e grotteschi», utile in definitiva soltanto per fabbricare sigarette ( Morire… , cit., p. 253). Dedicato alla propaganda è il recente saggio di Luca Vaglica, I prigionieri di guerra italiani in Unione Sovietica tra propaganda e rieducazione politica: "L'Alba"1943-1946 , Civitavecchia, Prospettiva Editrice, 2007. Per alcuni spunti in proprosito ricordo il mio «I militari italiani nei campi di prigionia sovietici: tra lavaggio del cervello e resistenza», Rivista Marittima , 2005, n. 1. Per un'informazione generale sui giornali realizzati dagli italiani nei campi di prigionia: Armando Boscolo, I giornali di prigionia (1940-1946) , Clusone, Ferrari, 2003.
Le tesi di laurea di cui sono a conoscenza sono le seguenti: Enrico Reginato, «Tifo esantematico in campi di concentramento dell'URSS: note ed osservazioni personali», tesi di specializzazione in igiene pubblica, Università di Padova, a.a. 1953/1954, rel. Melchiorre Dechigi; Giuseppe Rasolo, «La questione dei prigionieri italiani in URSS durante il secondo conflitto mondiale», Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Storia, Università di Milano, a.a. 1992/1993, rel. Alfredo Canavero (dalla quale è stata tratta la sintesi «L'odissea dei prigionieri italiani in Russia durante il secondo conflitto mondiale», L'impegno , 1995, nn. 2 e 3); Daniel Cherubini, «I prigionieri italiani in Unione Sovietica tra storiografia e fonti d'archivio», Facoltà di Scienze Politiche, Corso di laurea in Storia dell'Europa Orientale, Università Roma Tre, a.a. 2003/2004, rel. Francesco Guida.
Anche il censimento dei caduti e dei dispersi - che costituisce ancora oggi la missione principale dell'UNIRR - vanta una produzione sia nazionale che locale. Per quanto riguarda le vicende del ritrovamento dei luoghi di sepoltura dei nostri militari, più che l'inaffidabile libro di Jacek Wilczur, Le tombe dell'Armir , Milano, Sugar, 1964, offrono ricostruzioni attendibili il reportage di Pino Scaccia, Armir: sulle tracce di un esercito perduto , Roma, Nuova ERI, 1992, e l' Elenco ufficiale dei prigionieri italiani deceduti nei lager russi traslitterati dai tabulati dell'archivio storico dell'ex URSS , a cura del Commissariato generale onoranze ai caduti, Milano, UNIRR, 1993. Ricordo inoltre: Caduti e dispersi in Russia , s.l., s.e. s.i.d.; Ministero della Difesa - Commissariato generale onoranze caduti in guerra, Ricerche effettuate sul territorio della comunità di stati indipendenti (ex URSS) per la localizzazione delle fosse comuni e dei campi di concentramento: dati di interesse , Gaeta, Stabilimento Grafico Militare, 1996; Clara Castagnoli, Caduti e dispersi mantovani in Russia , Mantova, Istituto Mantovano di Storia Contemporanea, 1992; Associazione Nazionale famiglie dei Caduti e dispersi in guerra - Comitato provinciale di Bergamo, Il Comitato provinciale dell'Associazione nazionale famiglie dei caduti e dispersi in guerra di Bergamo a ricordo dei dispersi in Russia bergamaschi , Bergamo, Tip. Bergamo Alta, 1971.
Ancora riguardo alla memoria ufficiale, ricordo infine la guida del Tempio nazionale di Cargnacco che ancora oggi costituisce l'ideale punto di raccolta tra i vivi e i morti e i rispettivi familiari: Il Tempio nazionale di Cargnacco dedicato alla Madonna del conforto per i caduti e dispersi in Russia, s.l., s.e., s.i.d. (ma 198?).
* Questo contributo bibliografico - che è limitato esclusivamente alla prigionia e non riguarda la campagna in Russia in generale - è la versione riveduta e aggiornata del saggio di Alessandro Ferioli, «Nei Lager di Stalin: rassegna bibliografica dei militari italiani in Russia», Archivio Trentino, A. LIII, n. 1 (2004), pp. 199-209. Il presente lavoro non ha alcuna pretesa di esaustività, sia per le limitate conoscenze dell'autore sia per le vicende di larga parte della produzione memorialistica, realizzata dai reduci a proprie spese, in numero limitato di copie e spesso fuori dai canali di distribuzione. Integrazioni e/o segnalazioni saranno gradite all'indirizzo di posta elettronica alessandro.ferioli[chiocciola]alice[punto]it.
SIGLE UTILIZZATE:
ANRP = Associazione nazionale reduci dalla prigionia
Armir = Armata italiana in Russia
GUISCo = Gruppo ufficiali internati nello Straflager di Colonia
PCI = Partito comunista italiano
UNIRR = Unione nazionale italiana reduci di Russia
URSS = Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
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