Fanin, quegli ideali vissuti fino all'ultimo
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Versione adatta alla stampaTratto da Il Resto del Carlino di domenica 7 dicembre 2008
Martedì alla Fondazione Carisbo viene presentato il volume sul sindacalista
Quella tensione morale che portò, sessant'anni fa, un giovane di appena 24 anni al martirio in nome di ideali cristiani e di una militanza sindacale senza dubbi né cedimenti, è oggi quasi impensabile se non impossibile. Anche per questo, la figura di Giuseppe Fanin continua a ergersi come esempio impareggiabile di impegno, di fede calata nel quotidiano, in un "qui e ora" che non lo fece indietreggiare nemmeno di fronte alla morte. Il 4 novembre del 1948 sulla via Biancolina a San Giovanni in Persiceto l'agronomo riformista, fiero esponente di un cattolicesimo che guardava alla "Rerum Novarum" di papa Leone XIII come alla stella polare della propria dottrina sociale, venne affrontato da un commando che lo zittì per sempre a colpi di spranga. Martedì alle 17. 30 alla Sala Assemblee della Fondazione Carisbo in via Farini 15, quella straordinaria parabola umana sarà ricordata attraverso il volume "Giuseppe Fanin - Fedele a Cristo" curato dall'associazione "Il Mascellaro" di cui parleranno Fabio Roversi Monaco, Giovanni Bersani, Giorgio Stupazzoni e Virginiangelo Marabini che ha avuto l'onore di conoscere personalmente Fanin. «Nel '48 — ricorda — avevo 17 anni, lui pochi di più, era già laureato in Agraria e fece una scelta di campo precisa nel momento in cui i comunisti ritenevano che il mondo del lavoro fosse tutto loro e vi si potesse applicare solo un modello rivoluzionario. Fanin invece era un liberaldemocratico».
Che cosa può insegnare ai giovani d'oggi un uomo di quel profilo?
«Non credo molto in una società dove prevale l'indifferenza, di un eroe come lui penso venga capito ben poco. Ma non solo qui in Italia, direi nell'Europa intera non ci può essere gente dominata da un'idealità tale da spingersi alle conseguenze estreme. Però non voglio nemmeno togliere ai ragazzi il gusto di guardare alto».
Cinque anni fa si è chiuso il processo diocesano per la sua beatificazione. L'iter a che punto è?
«L'intero carteggio è a Roma e spero di poter campare ancora abbastanza per vederlo sugli altari. A vantaggio di uno sviluppo rapido può esserci il fatto che, in quanto martire, non ha bisogno di trovare testimoni di miracoli compiuti. Sono per questo abbastanza ottimista».
Ma la sua lezione che seme ha gettato almeno tra i suoi coetanei?
«Fortunatamente oggi abbiamo ancora un suo antico maestro, il senatore Bersani, che a 94 anni ha una lucidità e una capacità d'impegno miracolosa. Ma siamo in pochi a riconoscere questa leadership».
l. bo.
Martedì alla Fondazione Carisbo viene presentato il volume sul sindacalista
Quella tensione morale che portò, sessant'anni fa, un giovane di appena 24 anni al martirio in nome di ideali cristiani e di una militanza sindacale senza dubbi né cedimenti, è oggi quasi impensabile se non impossibile. Anche per questo, la figura di Giuseppe Fanin continua a ergersi come esempio impareggiabile di impegno, di fede calata nel quotidiano, in un "qui e ora" che non lo fece indietreggiare nemmeno di fronte alla morte. Il 4 novembre del 1948 sulla via Biancolina a San Giovanni in Persiceto l'agronomo riformista, fiero esponente di un cattolicesimo che guardava alla "Rerum Novarum" di papa Leone XIII come alla stella polare della propria dottrina sociale, venne affrontato da un commando che lo zittì per sempre a colpi di spranga. Martedì alle 17. 30 alla Sala Assemblee della Fondazione Carisbo in via Farini 15, quella straordinaria parabola umana sarà ricordata attraverso il volume "Giuseppe Fanin - Fedele a Cristo" curato dall'associazione "Il Mascellaro" di cui parleranno Fabio Roversi Monaco, Giovanni Bersani, Giorgio Stupazzoni e Virginiangelo Marabini che ha avuto l'onore di conoscere personalmente Fanin. «Nel '48 — ricorda — avevo 17 anni, lui pochi di più, era già laureato in Agraria e fece una scelta di campo precisa nel momento in cui i comunisti ritenevano che il mondo del lavoro fosse tutto loro e vi si potesse applicare solo un modello rivoluzionario. Fanin invece era un liberaldemocratico».
Che cosa può insegnare ai giovani d'oggi un uomo di quel profilo?
«Non credo molto in una società dove prevale l'indifferenza, di un eroe come lui penso venga capito ben poco. Ma non solo qui in Italia, direi nell'Europa intera non ci può essere gente dominata da un'idealità tale da spingersi alle conseguenze estreme. Però non voglio nemmeno togliere ai ragazzi il gusto di guardare alto».
Cinque anni fa si è chiuso il processo diocesano per la sua beatificazione. L'iter a che punto è?
«L'intero carteggio è a Roma e spero di poter campare ancora abbastanza per vederlo sugli altari. A vantaggio di uno sviluppo rapido può esserci il fatto che, in quanto martire, non ha bisogno di trovare testimoni di miracoli compiuti. Sono per questo abbastanza ottimista».
Ma la sua lezione che seme ha gettato almeno tra i suoi coetanei?
«Fortunatamente oggi abbiamo ancora un suo antico maestro, il senatore Bersani, che a 94 anni ha una lucidità e una capacità d'impegno miracolosa. Ma siamo in pochi a riconoscere questa leadership».
l. bo.
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